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L’aggressione del giovane ganese alla Villa Garibaldi colpa di chi diffonde il razzismo per motivi politici.

L’aggressione del giovane ganese alla Villa Garibaldi colpa di chi diffonde il razzismo per motivi politici.

L’aggressione a Piazza Armerina del 23enne di origini gambiane alla villa comunale Garibaldi non è un caso ed è il risultato  di una mentalità razzista che si sta diffondendo in tutta Italia grazie anche all’atteggiamento irresponsabile di alcuni politici nazionali.  E’ facile sentire, nei discorsi da bar o in quelli da Facebook,  la frase “… non sono razzista ma…” ed è proprio dietro quel “ma” che si nasconde l’animo razzista di molti che vedono nella diversità della pelle una fattore discriminante e che sta giorno dopo giorno diffondendosi  come un cancro.

Mentre da una parte Salvini parla di una invasione che non esiste e si si coltivano leggende metropolitana, come quella che gli immigrati leverebbero posto ai lavoratori italiani, in realtà sono pochi a capire che l’animare sentimenti razzisti è solo un metodo per fare campagna elettorale,  raccogliere consensi e accumulare potere.

Dal punto di vista religioso non credo che chi è razzista possa definirsi cattolico e cristiano. Permettetemi di esprimere un leggero disappunto sul discorso di Papa Francesco che non ha toccato questo argomento nel suo intervento a Piazza Armerina  condannando esplicitamente il populismo ed il razzismo così come ha fatto a Palermo.

Infine vi è la questione economica. Siamo una nazione ricca e i nostri poveri non sono poi in numero così elevato. Basta guardarsi attorno per comprendere che la gente ha soldi da spendere. In una cittadina come Piazza Armerina banche, supermercati, luoghi di divertimento, ristoranti, sono sempre ben frequentati: segno che esiste un’economia vivace  che può ben permettersi di aiutare alcuni amici africani oltre che i propri poveri.

Speriamo che le forze dell’ordine individuino gli aggressori del 23enne avvenuta alla villa Garibaldi e che il giudice li punisca in maniera esemplare non con la detenzione ma mandandoli per un anno a fare servizio civile in una comunità di accoglienza. Sono convinto che la conoscenza di ciò che considerano diverso e pericoloso smonterebbe ogni pregiudizio e risveglierebbe la loro coscienza.

(foto tratta dal servizio realizzato dal TG3 – RAI)

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