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Esperti a confronto all’Ordine dei Medici di Enna. Piede piatto nei bambini: il trattamento chirurgico solo se sintomatico

Esperti a confronto all’Ordine dei Medici di Enna. Piede piatto nei bambini: il trattamento chirurgico solo se sintomatico

Il piede piatto rappresenta una delle condizioni ortopediche pediatriche che più destano preoccupazione tra i genitori. Proprio per affrontare questa tematica, sabato 22 febbraio, si è tenuto un corso di formazione organizzato dall’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Enna, che ha visto la partecipazione di pediatri, medici di medicina generale e specialisti ortopedici. L’obiettivo? Promuovere una diagnosi tempestiva e trattamenti mirati per garantire ai pazienti una migliore qualità della vita.

Una condizione comune, ma da monitorare

«Il piede piatto è una condizione comune che, se non riconosciuta e trattata correttamente, può portare a problematiche posturali e funzionali significative. Per questo motivo, la formazione dei medici su questo argomento e l’interscambio con il mondo universitario è importante, sia per migliorare la diagnosi precoce sia per fornire indicazioni terapeutiche adeguate in base all’età del paziente», hanno spiegato il vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Enna, Gaetano Adamo, e la pediatra Gabriella Cucchiara, che ha introdotto i lavori.

L’evento ha visto la partecipazione di esperti del settore come il professor Vito Pavone, ordinario di Ortopedia e Traumatologia dell’Università di Catania, e il suo team, composto dai medici Emanuele Perricone, Marco Sapienza e Gianluca Testa.

Piede piatto nei bambini: quando preoccuparsi

Come illustrato dai relatori, nei bambini il piede piatto è spesso una condizione fisiologica, legata alla presenza di un cuscinetto adiposo che protegge la pianta del piede. L’arco plantare, infatti, si definisce naturalmente dopo il quinto anno di età. Quando questo non avviene, si parla di piede piatto giovanile, che può essere:
rigido (raro e associato a problematiche neuromuscolari o scheletriche congenite);
flessibile, il più comune, caratterizzato da un retropiede in valgismo e da un calcagno più obliquo rispetto alla norma.

Il trattamento: prevenzione e chirurgia solo se necessaria

Il piattismo è più frequente nei bambini in sovrappeso e poco attivi. Per questo motivo, gli esperti consigliano di intervenire precocemente con misure conservative come l’uso di calzature adeguate, esercizi propriocettivi mirati a rafforzare i muscoli plantari e, soprattutto, l’attività motoria regolare.

«Nel caso in cui il piede piatto non si corregga – ha spiegato il professor Vito Pavone – si può ricorrere all’intervento chirurgico tra gli undici e i dodici anni, tramite la tecnica “calcaneo stop”. Si tratta di un’operazione mini-invasiva che prevede l’inserimento di una vite nel seno del tarso per correggere il retropiede e ripristinare l’arco plantare».

Un allarme: troppi interventi chirurgici inutili

Tuttavia, Pavone ha lanciato un monito sulla tendenza crescente a operare in modo eccessivo: «Questo intervento – avverte – ha un grande ritorno economico, ma il piede piatto giovanile va trattato chirurgicamente solo se sintomatico, ovvero in presenza di dolore, faticabilità e difficoltà motorie. Un bambino asintomatico e autonomo non va operato, tantomeno per motivi estetici».

Stile di vita e prevenzione

Gli specialisti sottolineano l’importanza della prevenzione, a partire dall’alimentazione: il sovrappeso è un fattore di rischio per il piede piatto. «Si punti su una vita dinamica – è l’appello degli esperti – perché alla base di un corretto appoggio plantare c’è l’attività fisica quotidiana. Meno dispositivi elettronici e più sport per i nostri bambini».

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