L’associazione Luciano Lama promuove nello Stato del Sahara Occidentale il progetto “Un orto nel deserto”
Migliorare la qualità e la quantità di produzioni alimentari per le popolazioni che vivono nei campi profughi. E’ l’obiettivo del Progetto “Un orto nel deserto”, promosso dall’Associazione di Volontariato Ong Luciano Lama in favore delle popolazioni del Sahara Occidentale (Saharawi) che vivono in campi profughi in Algeria nei pressi di Tindouf. Il Sahara Occidentale è una regione del Nordafrica tra Marocco, Mauritania, Algeria, ed Oceano Atlantico, ex colonia spagnola sino al 1975, il cui territorio è conteso da quel momento tra Marocco e Fronte Polisario. Quest’ultimo ha dichiarato l’indipendenza della parte liberata durante la guerra, proclamando la Repubblica Democratica Araba del Sahrawi riconosciuto dall’Unione Stati africani e da oltre 80 paesi in tutto il mondo.
L’iniziativa in partenariato con il Ministero della Cooperazione nell’ambito della categoria “Fame nel mondo”, ed Innova Civitas è finanziato con i fondi dell’otto per mille prevede la realizzazione di 5 orti attraverso la coltivazione con il sistema Idroponico, per questa popolazione. Infatti il progetto vuole sostenere lo sviluppo rurale e la sicurezza alimentare del popolo Saharawi. Un popolo che per salvaguardare la propria identità è stato costretto a rifugiarsi nel deserto algerino. Il progetto nasce dalla necessità di assicurare o in alcuni casi incrementare la disponibilità di cibo fresco e sano in una zona in cui le normali coltivazioni sono praticamente impossibili. Il sistema di coltivazione idroponico, grazie al minimo sfruttamento del suolo, permette di coltivare in zone aride, poco fertili, con risorse idriche limitate o in alcuni casi assenti, e permette controllando i normali parametri della coltivazione (pH, EC, ecc), di massimizzare le rese e ottenere cibi salutari in quanto privi di qualsiasi tipo di patogeno terricolo”. I risultati prevedono. Ma oltre alla realizzazione dei 5 orti il progetto prevede anche la formazione degli stessi fruitori, in “Gestione di colture fuori suolo e idroponiche”. Infatti il progetto prevede che questo arrivi alla totale autonomia nella sua stessa gestione da parte di personale autoctono garantendo così la sostenibilità.