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Arrestato un operatore socio sanitario per violenza su una ragazza disabile ora incinta. L’uomo, reo confesso, lavorava all’Oasi di Troina

Arrestato un operatore socio sanitario per violenza su una ragazza disabile ora incinta. L’uomo, reo confesso, lavorava all’Oasi di Troina

Un operatore socio sanitario ieri è stato arrestato dalla polizia per aver violentato una paziente  dell’Oasi di Troina ora in stato di gravidanza. L’uomo, reo confesso, avrebbe approfittato di una ragazza disabile durante il periodo in cui la struttura sanitaria era isolata a causa dell’alto numero di contagiati da covid19. Qui sotto il racconto della polizia sullo svolgimento delle indagini. 

La Polizia di Stato – Squadra Mobile – ha eseguito, la decorsa notte, il fermo di indiziato di delitto disposto dalla Procura della Repubblica di Enna diretta dal Dott. Palmeri Massimo. I Sost. Procuratori, Dott.ssa Leonte Stefania e Dott. Orazio Longo, al termine dell’interrogatorio, hanno disposto il fermo di indiziato di delitto dell’indagato L.A. di anni 39 nato in provincia di Enna, per il reato di violenza sessuale aggravata dall’aver commesso il fatto ai danni di una donna disabile e nel momento in cui la stessa era a lui affidata.

La Squadra Mobile della Questura di Enna in data 11.09.2020 ha ricevuto dall’avvocato, nominato dalla famiglia della vittima, una formale denuncia in quanto la congiunta era in stato di gravidanza, specificando che la ragazza soffriva di gravissime patologie connesse ad una rara malattia genetica.

Gli Ufficiali di Polizia Giudiziaria percepivano immediatamente la gravità dei fatti narrati, attivando immediatamente il c.d. codice rosso. Il Pubblico Ministero titolare del procedimento coordinava l’avvio tempestivo delle indagini, convocando presso gli uffici della Procura della Repubblica i genitori della vittima. Gli investigatori della Polizia di Stato ed i Pubblici Ministeri raccoglievano le dichiarazioni dei familiari, tracciando sin da subito una prima ipotesi investigativa poi confermata dalle successive indagini.

Dal racconto reso emergeva che la vittima della violenza sessuale era ospite da diverso tempo della Struttura Sanitaria I.R.C.C.S. Associazione “Oasi Maria SS” di Troina.  Qualche giorno prima del deposito della denuncia, i genitori erano stati avvisati da personale della struttura che la figlia era in stato di gravidanza. Considerate le condizioni di salute particolarmente gravi non era possibile in alcun modo che la stessa avesse prestato il proprio consenso. Si è subito delineata l’ipotesi delittuosa che si potesse trattare di un grave caso di violenza sessuale.

I primi accertamenti sanitari effettuati grazie alla professionalità del reparto di ginecologia dell’Ospedale di Enna e del Policlinico di Palermo permettevano di focalizzare l’attenzione degli investigatori su un gruppo di soggetti presenti in struttura al momento del presunto periodo di concepimento.

La donna, nel momento in cui è stato accertato lo stato di gravidanza, aveva superato la 25ma settimana di gestazione e, pertanto, alcune indagini di tipo sanitario non potevano essere effettuate per non mettere a rischio tanto la vita della donna quanto quella del feto.

Agli investigatori non rimaneva altro che agire con l’escussione di tutti i soggetti informati sui fatti ovvero i potenziali testimoni. Presso la Squadra Mobile della Questura di Enna, sotto il continuo e costante coordinamento investigativo della Procura della Repubblica, venivano convocati i vertici aziendali della struttura sanitaria e successivamente tutti gli addetti ai vari servizi, dai medici agli operatori socio sanitari.

Dalle indagini è emerso che nessuno della struttura sanitaria si è accorto dello stato di gravidanza, ipotizzando che l’aumento di peso della ragazza potesse dipendere dal fatto che durante il lockdown ai degenti era stato permesso di mangiare di più o che i farmaci somministrati a volte erano causa di una irregolarità del ciclo. Dalle prime persone ascoltate dalla Squadra Mobile emergeva solo un dato di fatto che rendeva la vicenda ancora più grave, ovvero che nessuno aveva accesso alla struttura senza autorizzazione e che altri ospiti disabili non avrebbero potuto commettere il reato.

Questi dati permettevano di concentrare le indagini ancor di più sui soggetti che ivi prestavano l’attività lavorativa, tanto da iniziare a procedere con il prelievo di un campione salivare per l’estrazione del profilo genetico (DNA) da parte degli operatori della Polizia Scientifica. Dopo aver ascoltato decine di persone e prelevato diversi campioni di liquido biologico per l’estrazione del DNA, ieri mattina veniva convocato, tra gli altri, l’odierno fermato, operatore socio sanitario dipendente della struttura di Troina da due anni.

Dalle prime domande poste al soggetto, gli investigatori percepivano il suo stato di disagio ed una sua particolare emotività nel raccontare quanto a sua conoscenza. L’indagato faceva particolare confusione nel raccontare quanto accaduto negli scorsi mesi ed in particolar modo il periodo in cui la struttura di Troina era stata dichiarata zona rossa per il focolaio sviluppatosi all’interno con decine di positivi al covid-19. Gli investigatori carpendo che il soggetto stesse nascondendo qualcosa e che non fosse del tutto sincero continuavano ad incalzare l’indagato concentrando i suoi sforzi di memoria al mese di aprile, in particolar modo alla presunta data del concepimento.

L’indagato ha riferito che a fine marzo ha chiesto alla direzione sanitaria di poter fare accesso alla struttura per poter dare aiuto ai suoi colleghi in difficoltà ed alle persone degenti visto che era stata dichiarata la zona rossa con impossibilità di accesso o di dimissioni dall’Oasi. Dopo qualche giorno, stante la carenza di personale, veniva autorizzato ad accedere per prestare la propria attività di operatore socio sanitario. Nei primi giorni di aprile, proprio nel periodo di massima emergenza sanitaria affrontato dalla struttura di Troina, l’indagato veniva assegnato al reparto dove erano stati trasferiti tutti i soggetti risultati positivi al COVID-19. L’indagato, durante una delle tante notti consecutive prestate in struttura, approfittando dell’assenza temporanea dell’infermiere professionale, non curante neanche della positività al COVID -19, raggiungeva la vittima che conosceva da tempo e consumava un rapporto sessuale privandosi di ogni sistema di protezione antivirale, tuta e mascherina.

Considerato quanto l’operatore socio sanitario confessava finalmente agli uomini della Squadra Mobile, venivano subito informati i Pubblici Ministeri che raggiungevano i poliziotti presso gli Uffici della Questura di Enna per sottoporre ad interrogatorio il soggetto reo confesso.

I Sostituti Procuratori, Dott.ssa Leonte e Dott. Longo, riuscivano a raccogliere, alla presenza del legale di fiducia, una piena confessione dell’indagato. Al termine dell’interrogatorio la Procura della Repubblica di Enna ha disposto il fermo di indiziato di delitto, atto immediatamente eseguito dalla Polizia di Stato che ha condotto il fermato in carcere a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. La Procura della Repubblica di Enna continuerà le attività d’indagine per chiarire ogni ulteriore aspetto della vicenda e valutare eventuali responsabilità in ordine ai fatti accaduti.

 

 

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