La verità psicologica sulle bugie
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Per bugia di norma intendiamo un’alterazione consapevole della verità nel tentativo di nascondere qualcosa di doloroso o increscioso. Ma in realtà quali sono le ragioni per le quali diamo vita ad un tale atto? Generalmente l’atto del mentire nasconde la paura conseguenziale di una qualche situazione, certamente poco piacevole. Ingannare è “dare alla bugia una parvenza di verità”affinchè l’altro possa essere indotto a credere appunto alla menzogna. Ovviamente, la mancanza di verità è pur sempre uno strumento, largamente utilizzato, volto al raggiungimento di determinati obiettivi, che tentano di manipolare e controllare gli altri. Esistono le cosiddette “bugie bianche” il cui scopo corrisponde al non ferire, lusingare o far felice altri soggetti.
Si mente per evitare le punizioni; si mente per dare un’immagine positiva di sé; si mente per salvaguardare la propria privacy e si mente anche per evitare conflitti. In ogni caso si mente sempre per una svariata serie di motivi, fra i quali innanzitutto, vi è di base un profondo senso di insicurezza ed una bassa autostima, che porta a rappresentare la nostra stessa persona in modo non corrispondente al vero, al fine di non incorrere nell’eventuale mancata accettazione da parte degli altri. Certamente tutti ci troviamo volenti o nolenti a dar vita ad una qualche piccola bugia o omissione, in quanto a volte le circostanze ci inducono a farlo. Ma ciò che fa la differenza è lo scopo della bugia, che per natura è pur sempre strategico, mentre invece adoperare la menzogna senza scopo, rappresenta uno stato patologico.
Quando si parla di bugia patologica, oltre a mentire senza scopo, il “bugiardo” o “mitomane” non è in grado di distinguere la verità dalla fantasia e deforma la realtà a proprio modo, mentendo compulsivamente e all’infinito. Il termine “mitomane” deriva dal francese, ed indica colui il quale costruisce dei “miti” e rappresenta una manifestazione psicopatologica, che necessita della costante esigenza di distorcere la realtà, creando in modo intenzionale, degli scenari fittizi e improbabili. Le esigenze psicologiche del “bugiardo patologico” corrispondono alla volontà di proteggersi dal giudizio degli altri; ad accrescere la propria autostima; a nascondere le proprie fragilità; suscitare compassione o ammirazione nelle altre persone. Purtroppo le cause della “bugia patologica” vanno ricercate in quella sorta di meccanismo di difesa verso un mondo che fin dal periodo infantile si è mostrato ostile, imponendo la creazione di una personalità debole e fittizia, al fine di poter essere apprezzata e stimata.
La “malattia delle bugie” viene definita anche “pseudologia fantastica” che elabora in maniera cronicizzata menzogne, che descrivono una realtà parallela molto più verosimile alla vita che si desiderava, utilizzando un’immaginazione molto fervida, e spesso le esperienze che inventa di sana pianta, vengono elaborate dalla sua mente come se fossero state vissute concretamente. Purtroppo la bugia patologica diviene una caratteristica intrinseca della personalità del soggetto in questione, che finisce col vivere nell’angosciante necessità di nascondere perpetuamente le proprie fragilità e paure, ma vivendo nell’illusione, il mitomane perde il contatto con la realtà, inoltre, ingannare se stessi confonde, in quanto si diviene ingannatori e ingannati contemporaneamente. Lo psicologo Daniel Goleman famoso per la sua teoria sull’intelligenza emotiva ( ovvero il modo attraverso cui siamo capaci di riconoscere le emozioni ) sostiene che ciascun essere umano è dotato di una parte “cieca mentale”, che non vuole e non sa comprendere la realtà, motivo per il quale, quando ci si trova dinnanzi ad un evento spiacevole, fingiamo a noi stessi, costruendo una realtà alternativa, e tale bugia appare di vitale importanza, al fine di proteggere il nostro sé da eventuali traumi che deriverebbero se solo si prendesse coscienza di come stanno le cose davvero.
“Colui che mente a se stesso e dà ascolto alla propria menzogna arriva al punto di non saper distinguere la verità né dentro se stesso, né intorno a sé e, quindi, perde il rispetto per se stesso e per gli altri”
Dostoevskij
Psicologa dott.ssa Fabiana Cristina