Il manifesto della comunicazione non ostile contro il far west della comunicazione
Sulla comunicazione si sono versati fiumi d’inchiostro e centinaia di trattati sono stati pubblicati su tale argomento, a maggiore ragione in anni come i nostri dove della comunicazione si è fatto fulcro centrale delle vite di ognuno di noi, non tanto per il contenuto quanto per il modo in cui lo si comunica, dal più semplice dei cittadini fino ad arrivare alle più alte cariche dello stato. I social poi, hanno fagocitato completamente i mezzi di comunicazione diventando i veri e propri megafoni dove dire, o troppo spesso urlare, tutto ciò che si ha da comunicare. Questo perché il virtuale viene visto come la prateria americana dei primi pionieri : vasta, libera ma soprattutto senza regole. Senza poi dimenticare uno dei vantaggi dei social ovvero l’immediatezza del messaggio che in pochissimi click raggiungerà centinaia, o milioni dipende colui/colei che posta, di utenti che da quello che leggeranno si faranno un’idea sul mondo che li circonda.
Un far west scrivevo poco righe sopra, un luogo di pistoleri pronti a tutto, specialmente sopraffare il più debole, che ahimè non ha risparmiato il dibattito politico, che anzi di questa rabbia e di questo mezzo si è fatta maggior interprete e, per i primi che ne hanno intuito il potenziale, vera e propria calamita di voti.Sotto gli occhi di tutti è la continua e martellante macchina comunicativa che i partiti, o per meglio dire dei leader che li impersonificano, che ha monopolizzato e monopolizza il dibattito pubblico sia esso in sede istituzionale o tra due signori che sorseggiano un caffè davanti il bancone di un bar.
Per di più questo stile comunicativo non ha alcun interesse nel portare alla luce la risoluzione di un problema o far scaturire un dibattito per risolverlo ma semplicemente darlo in pasto alla stampa, donarlo al pubblico ludibrio per calvare questa o quella onda di indignazione che dura giusto il tempo del nuovo tweet che tanto ci farà indignare. Urlare, gesticolare il più possibile, usare la felpa giusta, postare il più possibile ma soprattutto attaccare, attaccare sempre e se possibile per primo. In maniera feroce, senza risparmiare offese personali e perché mettere qualche scandalo familiare che nulla c’entra con il tema in questione e che tanto appaga quel desiderio di sentirsi un po’ Barba d’Urso e che tanto superiori ci fa sentire.
Ebbene io sono un giovane di 26 anni appassionato di politica e della cosa pubblica che di questa storia ne ha francamente le tasche piene, non voglio e non posso immaginare di dover affrontare anni di litigi tv, piccole ripicche da consumarsi nell’intimità dei propri due-tre mila amica su Facebook , offese personali, e chi più ne ha più ne metta solo per racimolare qualche voto in più o qualche articolo che tanto fa bene alla perpetua campagna elettorale che si consuma in tale paese. E badiamo bene, non è un tema così lontano dalle piccole comunità locale anzi ne è un esempio limpido Piazza Armerina come Roma, Milano, Enna, Valguarnera e non me ne vogliano i restanti comuni d’Italia se non li cito. Quindi, per distaccarmi un po’ da tutto ciò, propongo un gesto simbolico ma che potrebbe essere di grande effetto. Invito a sottoscrivere, ovviamente a chi se la sentisse, ma soprattutto a rispettare il manifesto della comunicazione non ostile di cui vi elenco i dieci punti fondamentali:
- Virtuale è reale: dico e scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona.
- Si è ciò che si comunica: le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano.
- Le parole danno forma al pensiero: mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso.
- Prima di parlare bisogna ascoltare: nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura.
- Le parole sono un ponte: scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri.
- Le parole hanno conseguenze: so che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi.
- Condividere è una responsabilità: condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi.
- Le idee si possono discutere: le persone si devono rispettare. Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare.
- Gli insulti non sono argomenti: non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi.
- Anche il silenzio comunica: quando la scelta migliore è tacere, taccio.
Dostoevski diceva che: “ la bellezza salverà il mondo”, ora non so se possiamo esserne certi ma sicuramente male non farà
Matteo Libertino