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Ucsi Sicilia. Paolo Borrometi a Siracusa

Ucsi Sicilia. Paolo Borrometi a Siracusa

La lotta alla mafia si fa tutti i giorni. E tutti i cittadini si devono sentire coinvolti se si vuole dare un segnale forte. Il messaggio è emerso chiaro ed è stato lanciato da rappresentanti delle Istituzioni nel corso dell’incontro organizzato dai giornalisti siracusani dell’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana) Sicilia e da Assostampa Siracusa. La platea, oltre 400 persone che hanno affollato il salone Giovanni Paolo II del centro congressi del Santuario della Madonna delle Lacrime a Siracusa, ha risposto con applausi continui alle parole forti pronunciate da Renato Panvino, dirigente della Dia, Direzione investigativa antimafia, di Catania e dal procuratore aggiunto del Tribunale di Siracusa, Fabio Scavone. Due uomini dello Stato che sono stati “provocati” dai giornalisti Alessandro Ricupero e Gaetano Scariolo. Punto di partenza è stata la testimonianza di Paolo Borrometi, giornalista di TV2000, sottoscorta dal 2014 per le sue inchieste giornalistiche nei territori di Ragusa e Siracusa, che gli hanno provocato un’aggressione e poi minacce continue da parte di esponenti della criminalità organizzata. Paolo Borrometi è divenuto suo malgrado un giornalista “scomodo”. E nel suo libro, “Un morto ogni tanto” edito da Solferino, ha continuato ad indicare nomi e cognomi, a denunciare situazioni e fatti molti dei quali sono già oggetto di indagine da parte delle forze dell’ordine. Proprio a questi ultimi, in aula presenti nelle vesti degli uomini di scorta di Paolo, è andato l’applauso più lungo della sala dove erano presenti tra gli altri il sindaco Francesco Italia, ed il vice prefetto Filippo  Romano e i rappresentanti di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza e il consigliere regionale dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia Santo Gallo. A fare gli onori di casa il presidente provinciale Ucsi  e consigliere nazionale, Salvatore Di Salvo, ed il segretario provinciale Assostampa Siracusa, Prospero Dente.

“Scuola, famiglia e Chiesa sono tre anelli nella lotta alla mafia – ha detto Panvino -. Le organizzazioni criminali hanno cambiato vestito nel corso degli anni. La Dia oggi con i sequestri attacca i patrimoni degli esponenti delle organizzazioni criminali per svuotare le casse, perchè è sempre più forte l’infiltrazione della mafia nel tessuto imprenditoriale”. Panvino ha posto l’accento sulla “coscienza civile” e sui “giovani” ai quali vanno offerte vere opportunità di lavoro. “Il contributo dei giornalisti è fondamentale come quello dei cittadini, perché i mafiosi hanno paura quando la gente alza la testa”.

Ed il procuratore aggiunto Scavone ha ricordato che uno dei principi della lotta alla mafia è abbattere il muro dell’omertà: “Gli strumenti per combattere la mafia ci sono, anche quella mafia che oggi si è trasformata e investe in affari leciti, arrivando a viziare i mercati e mettendo in difficoltà gli imprenditori onesti”.

“Quando arrivano le minacce ho paura, ma nella lotta alla mafia ognuno deve fare la propria parte, la rivoluzione parte dal basso e riguarda tutti. Non sono un eroe, sono un giornalista che ha scelto e sceglie ogni giorno di fare il proprio dovere”. Il giornalista Paolo Borrometi ha ringraziato investigatori e magistrati “che mi hanno salvato la vita più di una volta” ed i “colleghi giornalisti – ha detto riferendosi a Gaetano Scariolo, Alessandro Ricupero, Salvatore Di Salvo e Prospero Dente che siedevano accanto a lui – che rappresentate la mia scorta mediatica. Grazie a voi mi sento meno solo”.

Borrometi ancora una volta ha ribadito di non volere l’etichetta di giornalista antimafia: “Esistono solo giornalisti, sacerdoti, cittadini che fanno il proprio dovere, che non si girano dall’altra parte. Io vado avanti, faccio il mio lavoro. Quel mestiere che ho scelto di fare tanti anni fa, anche leggendo la storia di giornalisti dimenticati come Giovanni Spampinato. Ho cominciato a pormi delle domande su situazioni che sembravano poco chiare, scoprendo che dietro un’azienda che produceva pomodorino che tutti noi mangiamo si nascondeva l’impresa di un capo mafia. Ho scritto di collegamenti poco chiari tra politici ed esponenti criminali: alcune inchieste della magistratura hanno già evidenziato queste infiltrazioni e altre indagini sono in corso. Dobbiamo spiegare ai giovani che loro sono il presente e le nostre scelte determinano il nostro futuro”.

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