Cinque donne contro l’ombra della mafia: un incontro per non dimenticare

Questo venerdì 21 marzo, in occasione della Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti di mafia, l’Università Popolare del Tempo Libero “Ignazio Nigrelli” ospiterà un evento di grande significato presso il Convento de San Pietro, Via Gen. Ciancio. Alle ore 17:30, la giornalista e scrittrice Bianca Stancanelli, nota firma del settimanale Panorama, condurrà il pubblico attraverso le storie di cinque donne che – con coraggio e determinazione – si sono ribellate al soffocante sistema mafioso, pagandone spesso un prezzo altissimo.
Voci di ribellione: storie di coraggio al femminile
L’incontro si preannuncia come un momento di profonda riflessione sulle ferite ancora aperte del nostro Paese e sul ruolo fondamentale che le donne hanno avuto e continuano ad avere nella lotta contro la criminalità organizzata. Tra le figure che verranno rievocate, spiccano nomi che hanno segnato la storia italiana, diventando simboli di resilienza e di sete di giustizia.
Rosaria Costa: il grido di una madre contro la violenza
Impossibile dimenticare Rosaria Costa, moglie di Vito Schifani, uno degli agenti della scorta di Giovanni Falcone barbaramente uccisi nella strage di Capaci. La sua immagine – quella di una giovanissima madre di soli 22 anni, con un figlio di appena quattro mesi e un dolore incolmabile – si è impressa nella memoria collettiva. Il suo straziante appello pronunciato dal pulpito del Duomo di Palermo durante i funerali, quel «Io vi perdono, ma voi vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare», ha rappresentato una scossa per l’intera nazione, aprendo gli occhi su una realtà che molti preferivano ignorare. Da quella voce spezzata, che invocava «giustizia, adesso» e chiedeva ai mafiosi «il coraggio di cambiare», l’Italia non poté più voltarsi dall’altra parte – non vedere, illudersi che le morti per strada fossero un problema lontano.
Francesca Morvillo: una magistrata dimenticata
Al fianco di Giovanni Falcone, in quel tragico 23 maggio 1992, perse la vita anche sua moglie Francesca Morvillo. Prima donna magistrato uccisa dalla mafia, Francesca – troppo spesso relegata al ruolo di «moglie di» – fu in realtà una figura di spicco nella lotta alla criminalità. Sostituto procuratore al Tribunale minorile di Palermo per oltre sedici anni, si dedicò al recupero dei giovani finiti nel circuito carcerario e partecipò a processi cruciali, come quello contro Vito Ciancimino; una donna di valore la cui storia merita di essere pienamente riconosciuta.
Lia Pipitone: la libertà negata a venticinque anni
Un’altra storia di coraggio spezzato è quella di Lia Pipitone, uccisa a soli 25 anni il 23 settembre 1983. Lia – nata con un forte desiderio di libertà – ebbe la forza di opporsi alla cultura mafiosa radicata nella sua stessa famiglia. Le sue scelte, il suo inseguire i sogni senza farsi intimorire dalle minacce, il suo desiderio di amare e di donare amore, la resero – agli occhi di una mentalità criminale – una figura da eliminare per non macchiare l’«onore» della famiglia.
Francesca Serio: il lamento di una madre che non si arrende
Negli anni Cinquanta, il dolore di Francesca Serio, madre di Salvatore (Turiddu) Carnevale, sindacalista assassinato dalla mafia, si trasformò in una coraggiosa denuncia contro gli assassini di suo figlio. La sua vicenda fu narrata da Carlo Levi in “Le parole sono pietre” e celebrata dal poeta Ignazio Buttitta nel commovente “Lamentu pi la morti di Turiddu Carnevali”; un esempio di come la sofferenza possa tramutarsi in una potente richiesta di giustizia.
Serafina Battaglia: la prima a rompere il muro di omertà
Infine, verrà ricordata Serafina Battaglia, che nel lontano 1962 fu la prima donna a testimoniare contro Cosa nostra. Le sue parole – «I mafiosi sono pupi; fanno gli spavaldi solo con chi ha paura di loro, ma se si ha il coraggio di attaccarli e demolirli diventano vigliacchi; non sono uomini d’onore ma pezze da piedi» – rappresentarono una coraggiosa rottura del muro di omertà, aprendo una breccia nella lotta contro il potere mafioso. L’incontro di venerdì sarà dunque un’occasione preziosa per onorare la memoria di queste cinque donne straordinarie – ognuna a suo modo un simbolo di resistenza e di speranza.
