Eseguita la prima procedura di termoablazione per il trattamento di un tumore presso l’ospedale Umberto I di Enna
La prima procedura di termoablazione per il trattamento di un tumore è stata eseguita con successo presso il Reparto di Radiologia dell’Ospedale Umberto I di Enna, diretto dal dott. Enrico Di Maggio. Questo innovativo trattamento, già ampiamente utilizzato per numerose patologie oncologiche, è stato effettuato su un giovane paziente seguito dall’ortopedico dott. Giuseppe Fanzone, appartenente alla UOC di Ortopedia di Enna diretta dal dott. Arcangelo Russo.
La procedura di Radiologia Interventistica
La procedura di radiologia interventistica è stata eseguita dal dott. Edoardo Scibilia, parte del gruppo interventista del dott. Enrico Di Maggio. Il dott. Di Maggio è un pioniere in Italia per questo tipo di trattamenti, avendo eseguito le prime termoablazioni su pazienti con tumori del fegato e, circa 25 anni fa, il primo trattamento di termoablazione su un tumore polmonare in Sicilia.
Implicazioni tecniche e applicazioni
Il dott. Di Maggio ha spiegato che la termoablazione può essere utilizzata per trattare tumori del fegato, del polmone, dell’osso, e alcuni tumori renali e noduli tiroidei. Può essere una valida alternativa alla chirurgia anche per il trattamento del dolore cronico invalidante. La procedura consiste nell’inserire sonde guidate dall’imaging radiologico nel tessuto da trattare, che generano calore attraverso impulsi di radiofrequenza o microonde, portando il tessuto alla necrosi. Esiste anche la crioablazione, che utilizza il freddo per ottenere la morte cellulare.
Considerazioni finali del dott. Di Maggio
Il dott. Di Maggio ha concluso sottolineando l’importanza della collaborazione sinergica tra la radiologia e le altre professionalità presenti nell’ospedale, in particolare i reparti chirurgici e oncologici. Questa collaborazione può offrire alternative terapeutiche o complementari ai trattamenti convenzionali. L’intervento di termoablazione ha una breve durata, è eseguito con supporto anestesiologico e richiede una degenza ospedaliera di uno o due giorni.