Stupro senza consenso: un reato senza riconoscimento europeo
Nel cuore di un’Europa che si dibatte tra valori condivisi e sovranità nazionali, emerge un’accordo che suona come un compromesso amaro. La direttiva europea sulla violenza contro le donne, nata con ambizioni rivoluzionarie, si è arenata su uno degli scogli più dolorosi: la definizione di stupro. Nonostante l’ampio consenso sulla gravità del sesso non consensuale, la mancata classificazione dello stupro come reato a livello europeo lascia un vuoto legislativo allarmante. Questa scelta non solo riflette le divisioni tra gli Stati membri, ma mina anche l’efficacia della lotta contro la violenza di genere, relegando il tema a una questione di sensibilizzazione piuttosto che di azione legale concreta.
Le novità del provvedimento: tra luci e ombre
Se da un lato la direttiva fallisce nel suo intento più audace, dall’altro introduce misure che non possono essere ignorate. La lotta contro la violenza informatica, l’elenco ampliato di circostanze aggravanti, e il rafforzamento del supporto alle vittime segnano passi importanti verso una maggiore protezione. Tuttavia, questi avanzamenti non bastano a compensare la mancanza di una definizione univoca e trasversale dello stupro, lasciando emergere un quadro di progressi parziali, dove la luce delle novità non riesce a dissipare le ombre di ciò che è stato lasciato irrisolto.
La divisione degli Stati membri: un’Europa a due velocità sul tema dello stupro
L’opposizione di alcuni Paesi alla definizione basata sul consenso e le divergenze legislative riflettono un’Europa frammentata, dove il cammino verso l’uniformità dei diritti e delle protezioni si scontra con le mura della sovranità nazionale. Questa divisione non solo rallenta il progresso verso una tutela più efficace contro la violenza sulle donne, ma mette anche in luce le sfide che l’Unione Europea deve affrontare nel suo sforzo di armonizzazione legislativa. La strada da percorrere è ancora lunga e impervia, ma la determinazione espressa da alcuni rappresentanti europei e la pressione della società civile potrebbero giocare un ruolo chiave nel superare le divisioni e nel realizzare una protezione uniforme e senza compromessi.
Serena Costa per StartNews