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Un concorso infinito. C’è chi dopo dieci anni aspetta ancora di essere chiamato: il caso di Calogero Picicuto

Un concorso infinito. C’è chi dopo dieci anni aspetta ancora di essere chiamato: il caso di Calogero Picicuto

Si può rimanere imbrigliati in una graduatoria di un concorso pubblico, svoltosi 10 anni fa, e ad oggi non intravedere la fine di quel percorso? Purtroppo si. Ne è testimone Calogero Picicuto, trentacinquenne armerino che come tanti altri ragazzi decise, 10 anni fa, di partecipare al concorso di agente 357+80 della Polizia Penitenziaria. Tristemente non si è ancora giunti ad un epilogo del sopracitato concorso,  penalizzato dalla spending review del governo Monti prima e, successivamente dalla legge Madia del 2017; così I partecipanti si sono ritrovati in un limbo, intrappolati in questo iter burocratico-concorsuale.

Parrebbe però che ci sia ancora un barlume di speranza. È di cinque giorni fa la notizia del Sottosegretario alla Giustizia, Andrea Ostellari, che annuncia prossime assunzioni della Polizia Penitenziaria con scorrimento della graduatoria. Il Sottosegretario ha sottolineato infatti come prema incrementare il numero degli agenti vista anche l’attuale situazione interna delle carceri italiane afflitte da carenza di personale. Il reclutamento, sempre secondo l’onorevole, non avverrà soltanto tramite concorso, ma anche,perseguendo la via del buonsenso, attraverso il prioritario scorrimento delle precedenti e, come in questo caso, dimenticate graduatorie.

Emblematiche le parole di Calogero Picicuto, che in tutto questi anni non ha smesso di lottare e di far sentire la propria voce per una giusta causa che si spera, al più presto, possa giungere ad un felice e fortunato epilogo: “A nome del comitato 357+80 ripongo fiducia nel vigente governo e nelle parole del Sottosegretario Ostellari affinché si sblocchi questa situazione e ci venga concessa la possibilità di perseguire ciò per cui abbiamo lottato e in cui crediamo : arruolarci nel corpo della Polizia Penitenziaria per servire lo Stato doverosamente “.

Salvatore La Rosa

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