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Nell’ottantesimo anniversario della morte i carabinieri di Nicosia onorano la memoria del V. Brig. Giovanni Calabro’

Nell’ottantesimo anniversario della morte i carabinieri di Nicosia onorano la memoria del V. Brig. Giovanni Calabro’

A ottant’anni dalla morte del Vice Brigadiere Giovanni Calabrò, Medaglia d’Oro al Valor Militare, i carabinieri della Compagnia di Nicosia, a cui è intitolata la Caserma che ospita il comando, con un semplice ma toccante momento hanno ricordato l’Eroe tragicamente morto nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Nato a Castelmola, in provincia di Messina, l’11 gennaio 1906, Giovanni Calabrò moriva sul fronte slavo a Kvasica Crnomelj, attuale Croazia, il 22 settembre 1942. Il 6 gennaio 1926 si era arruolato nell’Arma e, promosso carabiniere, dal 15 giugno successivo, prestò servizio nel capoluogo siciliano e a Naro (Ag) fino al 12 marzo 1930, data in cui venne trasferito alla Legione di Padova. Il 5 luglio 1933, venne trasferito alla Legione di Milano e posto in congedo il 5 gennaio 1935 per termine della ferma.

Tornato civile, decise di rimanere nel capoluogo lombardo, ove riuscì a conseguire il diploma di perito commerciale, trovò lavoro quale contabile in una ditta che commerciava in carta. La guerra era ormai alle porte e venne richiamato in servizio il 10 maggio 1939. Dal 9 ottobre al 3 novembre successivo, frequentò un corso di abilitazione, presso la Legione di Milano, per il conseguimento della nomina a vicebrigadiere in caso di mobilitazione, che avvenne nel giugno dell’anno successivo quando con il grado di vicebrigadiere venne destinato all’85ª sezione motorizzata, con cui prese parte alle operazioni di guerra sul fronte francese, sino al dicembre dello stesso anno quando, dopo un breve periodo in forza alla stazione di Lissone (Mb), venne assegnato al XIV battaglione operante sul fronte sloveno.

Arriviamo al 22 settembre 1942 allorquando il vicebrigadiere Calabrò, con i carabinieri Carlo Sanguini, Pietro Voltolina e Pasquale Trotta, doveva far rientro alla propria stazione di Vinika, nel sud della Slovenia, al confine con la Croazia, nel territorio della sezione di Crnomrlj, dopo aver effettuato una missione e per raggiungere la destinazione, il gruppo di Carabinieri, si aggregò ad una compagnia della divisione “Messina”. Oltrepassato il villaggio di Kvasica, l’autocolonna fu violentemente attaccata da un migliaio di ribelli e nonostante la tenace reazione, furono presto sopraffatti dal soverchiante numero degli attaccanti, che riuscirono ad appiccare il fuoco ai sette automezzi. Sarà proprio nell’ultima disperata resistenza che si consumò l’episodio di eroismo del vicebrigadiere Calabrò. Il sottufficiale, benché gravemente ferito al volto e con gli arti inferiori ustionati, assunse il comando di uno sparuto gruppo di superstiti, in tutto cinque, attestandosi con essi ad estrema difesa dei commilitoni caduti, che gli assalitori stavano tentando di depredare. Nella speranza di resistere sino all’arrivo dei rinforzi, il sottufficiale tentò di impadronirsi di una mitragliatrice rimasta su un autocarro; a tale scopo, ordinò ai compagni di salire sul mezzo e con il proprio corpo fece loro da appoggio per la salita, continuando a sparare sui nemici che avanzavano. Fatto segno ripetutamente al lancio di numerose bombe a mano, il vicebrigadiere cadde crivellato di schegge.

I suoi resti poterono tornare in Patria solo nel 1962 ed ora riposano nel cimitero di Giardini Naxos, ove nel frattempo la sua famiglia si era trasferita. Il 7 gennaio 1948 veniva insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare, con la seguente motivazione “Aggregatosi, per raggiungere la sua sede di servizio, ad un’autocolonna che veniva attaccata da preponderanti forze nemiche, dava prova di indomito valore. In fase assai critica, benché gravemente ferito, assunto il comando di pochi valorosi superstiti, persisteva in impari lotta a colpi di bombe a mano. Per favorire il ricupero di una mitragliatrice rimasta su un autocarro in fiamme, faceva utilizzare da due compagni il suo corpo ormai straziato dando loro punto di appoggio per salire celermente sull’automezzo. In tale atteggiamento veniva colpito mortalmente. Esempio luminoso di assoluta dedizione al dovere”.

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