La strage di Capaci: il ricordo di Mario Antonio Pagaria
Ero appena uscito dalla messa, , erano le 19,30 circa. Un amico, passando con la macchina mi disse: “Hai saputo?” “Cosa?” Gli risposi. “Hanno assassinato Giovanni Falcone”. Facevo parte della Rete e già cominciavo a dissociarmene dopo gli attacchi di Orlando a Falcone stesso. Mi sentii crollare il mondo addosso; capivo in quell’attimo che tutto era finito. No, non sapevo che tutto stava soltanto per iniziare. La mafia delle bombe, con quel massacro e dopo 57 giorni con la strage di Via D’Amelio, aveva segnato la sua fine per far posto a quella dei colletti bianchi, molto più efferata e pericolosa.
Non volli partecipare ad alcuna delle manifestazioni che furono organizzate da partiti politici, organizzazioni sindacali, associazioni varie. Improvvisamente sembrava che tutti quanti, tanto per mutuare Leonardo Sciascia, sembrava si fossero scatenati quali professionisti dell’ antimafia che fluttuavano sui rivoli di sangue di coloro i quali avevano dato la vita per un mondo migliore. Decine e decine di notiziari dove i flagellatori e i crocifissori urlavano: “Davvero costui era il figlio di Dio”. D’improvviso, coloro i quali erano stati persecutori diventarono apologeti di una fede che fino ad allora avevano abiurato, che fino ad allora avevano sconfessato.
Sono passati trent’anni da allora e ancora oggi appaiono sui muri le foto dei due magistrati eretti a icone di una società che non è affatto cambiata, di una politica che non è affatto cambiata, fatta di demagogia e di frasi fatte, di gente che si prepara alle varie elezioni promettendo a destra e a manca oro e argento mentre questa Sicilia va sempre più a fondo, mentre questa Sicilia patisce giorno dopo giorno, il ripetersi di quelle stragi, nella gente che va via o nella gente che va ad inginocchiarsi presso il burattinaio di turno per elemosinare un posto di lavoro, in un concorso, possibilmente truccato. E sono gli stessi che parlano di rinnovamento e di liberazione dal sistema marcio. Ma non può affatto finire così, vogliamo crederci; vogliamo pensare ancora una volta che questa montagna di merda, possa essere coperta dal profumo del riscatto, quello vero.