La recensione di Mario Antonio Pagaria del nuovo libro di Josè Trovato “Mafia 2.021”
Recensire un’opera è un atto che mi riesce sempre molto difficile, in particolare quando sono coinvolto emotivamente, poiché si tratta della fatica letteraria di un amico e per me Josè Trovato non è un amico, ma qualcosa di più, senza retorica di sorta, è un fratello. E’ un fratello perché spesso ci confidiamo ed è un fratello perché abbiamo una caratteristica in comune: “odiamo” la mafia. Desidero sfatare subito un luogo comune: Josè Trovato non è un “professionista dell’antimafia” e non ama essere definito “giornalista antimafia”. Ma allora come definirlo?
Semplicemente una persona perbene come ce ne sono tante in questa nostra Sicilia; una persona perbene cui sta stretto il luogo comune della teoria dell’etichettamento, dello stigma di essere mafiosi, inflitto con molta “leggerezza” a tutti i siciliani.
Josè è alla sua terza fatica letteraria, con il libro “Mafia 2.021” in vendita in tutte le librerie, le edicole e nelle librerie online. Il libro, che ho letto tutto d’un fiato, narra, con la dovizia dei particolari tipica di colui che ha fatto e fa il cronista di “Giudiziaria” ormai da più di vent’anni, la cronaca dei recenti fatti di mafia che si sono verificati in provincia di Enna, non trascurando di agganciarli al passato, ovvero ai primi anni 90, quando la “cupola” mafiosa si riuniva in una masseria di una contrada ennese e decideva, fra le altre cose, di massacrare Falcone e Borsellino. E nella narrazione, Josè Trovato non ha peli sulla lingua, riprendendo e partendo, nella lettera al mafioso Raffaele Bevilacqua, dall’assunto di un grande martire di Cosa nostra, ovvero Peppino Impastato, definendo la mafia “una montagna di merda”, frase alla quale volentieri mi associo e faccio mia in queste poche righe.
Già, Josè Trovato, nel suo scritto, che consiglio a tutti voi di leggere, non mostra soltanto di avere le “palle”, mi si passi la volgarità, ma le ha realmente. E non manca di fare un passaggio che anch’io ritengo importantissimo: il collegamento che la mafia ha avuto e ha con la politica e sul quale la Magistratura, nella nostra Enna deve ancora molto lavorare. E parla dell’amore per la libertà, citando grandi autori, come Hemingway, Schopenauer etc. che sono i suoi miti. Non manca di citare Roberto Condorelli, un grande magistrato che ha fatto la storia dell’antimafia in provincia di Enna.
Non intendo, comunque entrare nei particolari della narrazione, poiché toglierei a voi lettori il piacere di leggere questo meraviglioso libro. Josè Trovato, come anzidetto, non ama essere definito “giornalista antimafia” ma in realtà, se non lo è lui, chi lo è? In verità, in questa nostra Sicilia, molta gente, ha l’abitudine di salire sul carro del vincitore quando i giochi sono stati fatti, quando non si corre più nessun rischio, in particolare alcuni politicanti, non tutti, per fortuna. Josè Trovato da tempo è salito su ben altro carro: quello del rischio, delle minacce, delle illazioni. Ma sono queste anzidette, categorie che bisogna mettere in conto, quando si crede nella legalità, quando non si è avvezzi al compromesso per avere carriere facili. Un passaggio importante ed interessante che Josè Trovato fa nel suo libro ed al quale io credo fortemente è quello della mafia dei “colletti bianchi” ovvero degli accordi passati (e presenti?) fra mafia e massoneria.
Infatti la mafia ormai non spara più ma demolisce gli avversari con l’arma dell’isolamento, dello stigma, quindi dell’emarginazione e trae dai proventi della droga, non più dalle estorsioni, i propri utili che reinveste in attività pulite. Questa è la nuova mafia di Messina Denaro. Questa è forse la motivazione per la quale Messina Denaro non viene ancora assicurato alla Giustizia. Il resto leggetelo su “Mafia 2.021. Appuntamento in libreria.
Mario Antonio Pagaria