Riforma della burocrazia: le municipalizzate
Dopo l’abolizione del Senato e la revisione delle società a partecipazione statale, oggi vorrei esporre la situazione delle cosiddette “Municipalizzate” sulle quali avevo scritto una mia nota l’8 novembre 2013, pubblicata da diversi giornali on line e inserita alla pagina 107 del mio primo volume di Cronaca e riflessioni sulla politica italiana. Le valutazioni da me fatte allora si collegavano non tanto al problema “burocrazia”,ma sulla necessità della riduzione del nostro debito pubblico.
Le municipalizzare, come previsto dalla legge, sono enti all’interno della pubblica amministrazione prive di personalità giuridica autonoma, per alleggerire i Comuni nella gestione dei principali servizi di pubblica utilità. Ottimo lo spirito della legge, pessima nella maggior parte dei casi, la sua applicazione.. Ma la possibilità di potere utilizzare questo strumento per fini poco corretti venne immediatamente percepita se, come risulta dagli ultimi dati in possesso sono oltre ottomila i comuni che l’hanno utilizzata, parecchi dei quali ne hanno creato più di una. Nel corso degli anni comuni, province e regioni hanno creato una serie di società giustificate dal mancato interesse degli imprenditori ad investire nella erogazione di determinati servizi pubblici. Col passare degli anni gli amministratori si sono sbizzarriti aumentando il numero delle municipalizzate che oggi superano le ottomila unità, della quali molte sono di piccola dimensione con pochi dipendenti , ma con ricche poltrone per ottomila consigli di amministrazione.
A seguito di uno studio sollecitato da Renzi ed effettuato dal prof. Cottarelli Renzi, Presidente del Consiglio, aveva formalmente dichiarato lo sfoltimento da 8000 a 1000 delle municipalizzate, sfoltimento purtroppo non realizzato. Dalla relazione del prof..Cottarelli risulta che il’97% degli 8058 comuni italiani hanno 118/mila partecipazioni dirette o indirette in 6469 società che occupano 285/mila dipendenti, ma che non si conosce ancora il numero esatto delle partecipate perché non tutte le amministrazioni locali hanno fornito le informazioni richieste.
Le molte proroghe al riordino del settore confermano l’ incapacità dei nostri parlamentari e la grande interferenza dell’alta burocrazia che ne osteggia la privatizzazione con il rischio di un boomerang per i comuni, in un contesto economico sempre più depresso, specialmente in questo momento, ed aggravarne il già notevole costo.
Un esempio: le privatizzate che gestiscono la raccolta dei rifiuti, in Sicilia gli ATO, e gli spettacoli dell’immondizia che molto spesso fa bella mostra di se anche nelle grandi città, fotografata dai turisti di passaggio.
Il costo: ogni anno miliardi di debiti che indirettamente saranno sempre pagati da noi..
Speriamo bene.