Maria Grasso: “In Italia il femminicidio è l’unico crimine che non diminuisce”.
Qualche settimana fa era stata strangolata a Castelvetrano Rosalia , ieri è toccato a Romina oggi è stata la volta di Loredana a pagare con la sua vita la scelta di separarsi dall’ex così come le altre due donne prima di lei . Loredana aveva quarant’anni e due figli e si era separata lo scorso anno dall’uomo che stamattina a Catenanuova – paese in cui entrambi vivevano- l’ha uccisa sparandole a bruciapelo due colpi di pistola. Queste le scarne notizie che trapelano dagli articoli di stampa e dai notiziari, ma noi, dei centri antiviolenza che ogni giorno accogliamo le donne e ne ascoltiamo i racconti alle volte raccapriccianti, sappiamo che dietro le espressioni, spesso buttate lì senza senso, c’è tutto un vissuto di dolore e di sofferenza che dura da anni e che coinvolge anche figli e figlie.
Loredana non aveva mai denunciato e adesso che è stata ammazzata in tanti e in tante si chiederanno perché mai non l’abbia fatto. Noi operatrici dei Centri antiviolenza che conosciamo bene quali sono le dinamiche che “impediscono” ad una donna di non denunciare sappiamo anche quanta paura, quanta vergogna e quanta certezza che tanto lui, il padre dei miei figli, non mi farà mai del male risiede in una donna che non trova il coraggio di denunciare. Possiamo immaginare quali sono stati i pensieri di Loredana prima di prendere la decisione di lasciare il suo carnefice, il padre dei suoi figli. Mai e poi mai Rosalia, Romina Loredana e tutte le altre prima di loro avrebbe immaginato di poter diventare vittime di femminicidio, mai, Loredana, avrebbe pensato che quell’appuntamento per discutere che lui le aveva chiesto sarebbe diventato l’appuntamento con la morte. La sua.
In Italia il femminicidio è l’unico crimine che non diminuisce, ma che è aumentato del 10% negli ultimi 15 anni rispetto agli altri omicidi e se in termini assoluti gli omicidi nel nostro paese sono diminuiti di quasi la metà, i femminicidi al contrario si mantengono costanti. Stragi che si perpetrano in famiglia, per la maggior parte dei casi l’omicida è il coniuge della vittima (44%), ex (16,5%) o partner/amante (3,5%) . [dati Eures 2016]. Vere e proprie esecuzioni pubbliche , stragi spesso annunciate e in un terzo dei casi la donna aveva denunciato il maltrattante e nel 69% dei casi le violenze erano conosciute da familiari e/o amici. Continuiamo a ripetere come operatrici dei centri antiviolenza ,quanto pesi la sottovalutazione della violenza intrafamiliare che, nonostante la legislazione si sia fatta più restrittiva, non ha impedito che ogni tre giorni una donna venga ammazzata. L’avere costituito presso gli Uffici della Procura di Enna un pool di magistrati che si occupa di violenza intrafamiliare purtroppo non basta. Questo fenomeno è ancora troppo poco conosciuto, sia nelle sue dinamiche sia nelle conseguenze che esso porta, da parte dei servizi e delle istituzioni che nel territorio dovrebbero occuparsi di prevenire e contrastare gli episodi di violenza, garantendo tutela e protezione alle donne e ai/alle loro figli/e.
Molto spesso, e le ultime sentenze ne sono la dimostrazione, la donna viene ritenuta colpevole se non addirittura causa della violenza stessa, viene giudicata per non essersene andata in tempo, quando la violenza era ancora “lieve”, pregiudizialmente non viene creduta o viene lasciata sola. Solo qualche giorno fa una ministra della Repubblica aveva dichiarato che questo famoso codice rosso di cui tanto si parla avrebbe finalmente “scremato” le donne isteriche da quelle veramente maltrattate facendo intendere che la violenza è denunciata da donne isteriche che vogliono vendicarsi di qualcuno o di qualcosa sminuendo così la portata del problema. La violenza è un problema culturale – lo ripeteremo fino allo sfinimento – che pone la donna in una posizione di subordinazione rispetto all’uomo sia all’interno della famiglia, sia nella società e che determina così rapporti di potere diseguali che cominciano con le discriminazioni, continuano con le violenze e si chiudono con i femminicidi. Per affrontare questo fenomeno è necessario un enorme lavoro di rete e un profondo cambiamento culturale che deve necessariamente e in primis partire dal riconoscimento della dimensione del problema e delle cause ad esso legate. Solo se si guarderà senza pregiudizi allo squilibrio di potere tra uomini e donne nel lavoro, in famiglia, in politica e nella società potremo finalmente intraprendere politiche specifiche e mirate in grado di superare queste diseguaglianze che portano una donna su tre nel nostro Paese a vivere nella violenza.
E’ necessario partire dal sistema educativo prevedendo percorsi di educazione all’affettività e sugli stereotipi di genere per arrivare a scardinare quei ruoli atavici che relegano le donne a brave madri di famiglia e gli uomini a lavoratori instancabili che si sacrificano per mantenere moglie e figli. C’è soprattutto bisogno di formazione degli operatori sociali e socio sanitari, dei magistrati e delle forze dell’ordine e di tutti coloro che a vario titolo entrano a contatto con questo problema. Da circa dieci anni il centro antiviolenza Donneinsieme Sandra Crescimanno è impegnato nel contrasto alla violenza contro le donne, attraverso un sistema di accoglienza che prevede tre sportelli antiviolenza a Piazza Armerina, Enna e Nicosia ed è impegnato da sempre in importanti attività di sensibilizzazione, comunicazione e soprattutto formazione nelle scuole e tra i giovani. Questo purtroppo è un comunicato stampa che non possiamo chiudere se non invitando le donne a denunciare sempre i casi di maltrattamento e di violenza , ad affidarsi ai centri antiviolenza dove operano operatrici formate all’ accoglienza e a continuare a credere nella giustizia e nella preparazione di giovani magistrati impegnati in prima linea nell’affrontare questa piaga sociale. Per Loredana e per altre altre donne , per gli orfani e le orfane continueremo, senza stancarci mai nel nostro lavoro facendoci voce di chi ormai voce non ha.
Centro Antiviolenza Donneinsieme Sandra Crescimanno
Maria Grasso |