L’Italia deve recuperare l’Ici non versata dalla Chiesa: la sentenza dell’Ue
Una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ribalta quanto stabilito nel 2016 dal Tribunale Ue rispetto al versamento dell’Ici da parte della Chiesa. L’Italia, quindi, è nel pieno diritto di reclamare quei 4-5 miliardi di tasse non pagate tra il 2006 e il 2011 da parte degli enti ecclesiastici non commerciali. L’esenzione, infatti, è stata considerata a tutti gli effetti un aiuto di Stato.
La Chiesa paghi l’Ici arretrata: la sentenza Ue
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha accolto il ricorso presentato dalla Scuola Montessori di Roma e sostenuta dai Radicali. Questo si riferiva alla decisione del Tribunale del settembre del 2016, con cui si esentava l’Italia dal recupero dell’Ici non versata dagli enti ecclesiastici in 5 anni. I togati avevano sancito “l’impossibilità di recupero dell’aiuto a causa di difficoltà organizzative nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi“. A livello catastale, è stato ritenuto troppo difficoltoso risalire agli enti che avrebbero dovuto versare la tassa. È stato stabilito dalla Corte che questa impossibilità è riconducibile a “difficoltà interne” che l’Italia è tenuta a risolvere.
Una lunga storia
Nel 2006 diversi denuncianti si rivolsero all’Europa contro l’esenzione dall’Ici per scuole, cliniche, alberghi ed enti non commerciali della Chiesa. Inizialmente si è considerata la decisione del governo italiano come un aiuto di Stato che dava un “vantaggio selettivo” agli enti clericali. In seguito, la Commissione ha derubricato la questione come una decisione politicainterna dell’Italia. La difficoltà principale risiedeva nel fatto che era impossibile calcolare esattamente quanto la Chiesa doveva allo Stato di Ici.
Nel 2012, la tassa è stata sostituita dall’Imu dal governo Monti, che ha azzerato il privilegio. Il Tribunale nel 2016 ha deliberato per l’impossibilità di recuperare i crediti non versati tra il 2006 e il 2011, sentenza impugnata dalla Montessori e da altri commercianti. Oggi la Corte di Giustizia europea ha stabilito che l’Italia “avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio l’esistenza di modalità alternative volte a consentire il recupero, anche soltanto parziale, delle somme“.