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Posa delle fibra ottica: arrestato questa mattina un boss della mafia catanese per estorsione

Posa delle fibra ottica: arrestato questa mattina un boss della mafia catanese per estorsione

Nella mattinata odierna, la Polizia di Stato, a conclusione di articolata e complessa attività investigativa, coordinata dalla D.D.A di Caltanissetta, ha eseguito l’arresto di un noto boss catanese, in esecuzione di Ordinanza Applicativa della Custodia Cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Caltanissetta, a carico di SCALOGNA Filippo, nato a Catania, classe 1960, esponente del clan “Santapaola-Ercolano”, per il reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso, in concorso con altri, già arrestati nell’ambito dell’Operazione “Capolinea”, effettuata dalla Squadra Mobile di Enna il Marzo scorso.

Lo SCALOGNA è indagato in ordine ai delitti di cui agli artt. 110, 81 cpv, 629 co. I e II c.p. in relazione all’art. 628 co. III n.3 quinques c.p. e art. 7 legge 203/91 (estorsione aggravata dal metodo mafioso), con l’aggravante della recidiva aggravata specifica, reiterata infraquinquennale, nonché con l’aggravante di cui all’art.71 d.lgs nr.159/2011, per avere commesso il delitto nel periodo in cui era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di Catania.

 

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I lavori sulla fibra ottica, portati avanti da un imprenditore ennese nelle province di Catania e Siracusa, avevano attirato l’attenzione di “Cosa Nostra” e, in particolare, della consorteria mafiosa catanese, al cui vertice era posto il boss catanese Scalogna, deciso a mettere le mani su affari tanto redditizi il quale, nella circostanza, si avvaleva del noto esponente della famiglia mafiosa “Cosa Nostra” di Enna, La Delia Salvatore. Infatti, l’attività di indagine permetteva di far luce sulla esistenza di collegamenti tra la formazione criminale “Cosa Nostra” della famiglia di Enna e le organizzazioni mafiose riconducibili ai clan “Cappello-Bonaccorsi” e “Santapaola-Ercolano” attive  nel catanese e nei paesi etnei.

Dal complesso delle attività investigative, svolte dalla Sezione Criminalità Organizzata e Straniera della Squadra Mobile di Enna, finalizzate a reperire elementi di riscontro in ordine all’attività di ricostituzione degli assetti delle “famiglie” mafiose attive nel territorio provinciale, emergeva come il prevalente interesse di “Cosa Nostra” ennese fosse tuttora rivolto alle attività estorsive ai danni di imprenditori: la c.d. “messa a posto” perpetrata ai danni di imprenditori tramite la corresponsione di ingenti somme di denaro.

Le attività investigative, disposte e dirette dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – sin dalle prime battute, confermavano gli esiti di precedenti indagini circa i rapporti tra le associazioni criminali di Enna e le organizzazioni criminali del catanese.  Tale attività d’indagine culminava il 9 marzo scorso con l’operazione “Capolinea” con la quale gli uomini della Squadra Mobile di Enna procedevano all’arresto di 6 soggetti, esponenti della famiglia di “Cosa Nostra” di Enna e dei clan catanesi dei “Santapaola-Ercolano” e “Cappello-Bonaccorsi”, ritenuti a vario titolo responsabili di estorsione nei confronti di un imprenditore ennese.

Un uomo, però, al vertice di questo folto gruppo criminale, rimaneva il principale “burattinaio” e quest’uomo era proprio il boss catanese Scalogna. Infatti, in seguito all’Ordinanza di Custodia Cautelare eseguita in data 9 marzo 2018 nell’ambito della predetta operazione ed  i successivi accertamenti della Squadra Mobile di Enna, è stato possibile identificare un ulteriore soggetto, l’attuale prevenuto Scalogna Filippo, che promuoveva proprio l’attività estorsiva sui lavori di posa della fibra ottica.

In particolare, quando l’imprenditore ennese, sempre più “strozzato” dalle spese, fra i lavori e le precedenti estorsioni, risultava inadempiente al pagamento del “pizzo”, veniva pressato dagli uomini d’onore facenti capo a Scalogna, come monito per la vittima affinché capisse di non poter rimandare i pagamenti, perché di fronte al boss catanese non avrebbe potuto più tergiversare con i ulteriori ritardi. Poiché l’imprenditore tardava ancora a corrispondere la tangente, gli indagati prospettavano imminenti azioni violente nei confronti dello stesso. L’estorsione ai danni dell’imprenditore proseguiva e veniva bloccata soltanto grazie all’arresto degli indagati del marzo scorso.

Le indagini svolte dalla Squadra Mobile di Enna, attraverso le attività tecniche, hanno pertanto permesso all’A.G. competente, la Procura Distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta – che ha brillantemente coordinato le indagini – di avanzare la misura cautelare anche a carico dello Scalogna, richiesta accolta dal G.I.P. che emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Lo Scalogna si trovava già in carcere in quanto colpito da un ordine di carcerazione definitivo nel marzo scorso, essendo stato condannato ancora una volta per associazione mafiosa. Stamattina, gli uomini della Sezione Criminalità Organizzata e Straniera della Squadra Mobile di Enna, con la collaborazione degli uomini della Squadra Mobile di Frosinone, hanno eseguito l’ulteriore provvedimento di custodia cautelare in carcere.

È stato aggiunto così l’ultimo tassello all’indagine “Capolinea”, il più importante: l’arresto del boss catanese Filippo Scalogna.

 

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